QUANDO SI PERDONO LE PAROLE: L'AFASIA
Per afasia si intende un disturbo acquisito del linguaggio conseguente a un danno cerebrale.
Il danno responsabile dell’afasia può essere legato ad una lesione focale come nel caso di ictus, tumore o trauma, o essere conseguenza di un disturbo degenerativo.
Il disturbo afasico può comprendere sia difficoltà espressive (nella produzione di parole e frasi) che ricettive (nella comprensione di parole e frasi) e può assumere una grande varietà di forme, con conseguente necessità di approcci riabilitativi individualizzati, centrati sulle particolari difficoltà di ciascun paziente.
È possibile distinguere le afasie in fluenti e non fluenti.
Le afasie fluenti sono quelle in cui il paziente riesce a produrre delle frasi di discreta lunghezza, spesso anche dei veri discorsi. Tuttavia, sono presenti difficoltà nel collegare le frasi e vengono prodotte parole non appropriate (parafasie) o del tutto inventate (neologismi e gergofasie).
Invece nelle afasie non fluenti, il linguaggio è prodotto con molta difficoltà, ci sono spesso pause e alterazioni della prosodia ossia dell’intonazione della voce e al paziente capita che “non vengano le parole” anche se ha ben in mente ciò che vorrebbe dire.
Data la varietà di segni neurologici e linguistici, solo un approccio multidisciplinare può garantire una diagnosi puntuale e una riabilitazione mirata.
Pe queste ragioni si rende necessaria una valutazione formale, effettuata mediante la somministrazione di batterie standardizzate di prove che vengono svolte dal logopedista. I risultati emersi dalle valutazioni formali devono poi essere interpretati e tradotti in protocolli riabilitativi affidati al logopedista, che deve condividerli e concordarli con la persona afasica e con il suo ambiente familiare e lavorativo.
Inoltre ai deficit strettamente linguistici si possono associare deficit cognitivi non-linguistici, quali difficoltà di attenzione, di memoria e/o delle funzioni esecutive oppure si possono associare altri disturbi della produzione verbale, quali la disartria o l’aprassia articolatoria.
Alcuni consigli per comunicare con la persona afasica:
Mettersi davanti a lei, chiamarla, guardarla in viso
Fare delle domande “chiuse” (ad esempio anziché “Cosa vuoi per pranzo?”, chiedere “Preferisci la pasta o il riso?”)
Avvisare quando si sta cambiando l’argomento della conversazione
Fare domande brevi e semplici
Ascoltarla, evitare di “mettere la parola in bocca” alla persona afasica che tenta di spiegarsi
Chiedere conferma
Le conseguenze dell’afasia sono spesso molto difficili da gestire sia per la persona coinvolta (che non riesce più a comprendere quello che le dicono o non riesce più a dire quello che pensa), sia per i familiari che si trovano in difficoltà nel cercare di capire cosa la persona afasica voglia dire. Inoltre, spesso all’afasia si associa la difficoltà o l’impossibilità nel muovere il braccio e/o la gamba destra, con notevole peggioramento dell’autosufficienza della persona. L’impatto più grave e grande dell’afasia è la riduzione di partecipazione alla vita quotidiana della persona afasica che dovrebbe essere aiutata a rimanere partecipe sia attraverso il recupero sia attraverso l’individuazione di strategie comunicative alternative.
Un importante lavoro di supporto alla persona afasica e al familiare è svolto dall’A.IT.A. (Associazioni Italiane Afasici).
TRATTO DA “Linee Guida per la Valutazione e la Riabilitazione dell’Afasia
nel paziente con ictus e nel paziente con Afasia Progressiva” del 2023
e dal sito https://www.trainingcognitivo.it